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About the blind sharer

The Blind Sharer si concentra sull’esplorazione della dualità umana, cioè su quel doppio sopito del quale l’essere si fa carico durante un percorso esperienziale che lambisce il confine fra l’inconscio ed il reale.

Attraverso la destrutturazione intimista dei capi saldi dell’onirico, come l’assenza dei contorni spazio-temporali, la ripetizione ossessiva dell’individuo, intesa contemporaneamente come specchio di consapevolezza e repulsione, l’analisi del colore e della sua privazione, si fa largo un’indagine che è volta mettere in luce il conflitto identitario che alberga in ciascun soggetto.

Il progetto affonda le sue radici in una vasta iconografia di generi fotografici, e di una letteratura filosofica e narrativa altrettanto corposa. Un indizio significativo è racchiuso già nel titolo, The Blind Sharer (Il Compagno Cieco) infatti, si veste della metafora che Joseph Conrad regala al lettore nel breve racconto “ The Secret Sharer” (Il Compagno Segreto).

Nella storia, lo scrittore anglo-polacco, svela il ruolo portante della dualità attraverso le vicende di un giovane capitano che si vede improvvisamente costretto a confrontarsi con un suo doppio identico ed allo stesso tempo completamente opposto. Questo rapporto costringe il protagonista non solo ad affrontare una serie di questioni legate al suo essere, legate cioè alla consapevolezza della sua identità, che ha sempre dato per affermata e limpidamente esplorata, ma anche a mettere in dubbio la rotta prestabilita del vascello, o meglio diremo noi, della sua vita.

Sebbene questo aspetto d’indagine e di interrogativi - squisitamente aperti-, appartenga profondamente a The Blind Sharer, è importate far notare come Conrad abbia eletto l’aggettivo secret, cioè segreto, come incipit del suo titolo, mentre nel nostro caso l’accento è posto sulla parola blind, cioè cieco. Infatti, a differenza del racconto, il progetto non si propone di tenere segreto il doppio ma di renderlo visibile attraverso una cecità volta ad acuire gli altri aspetti percettivi dell’essere. Questi possono essere visti, paradossalmente, sopendo lo sguardo razionale che ci porta talvolta ad ignorare, o non affrontare, le dinamiche più profonde dell’io esistenziale. In questo senso, dunque, diremo che il nostro doppio è cieco perché privo dei crismi di un osservare razionale, ma al contempo, e per dirla con Derrida, con “un’invocazione al visionario”.

Resta invece intatto l’aspetto legato alla parola “sharer”, che significa compagno e più letteralmente “condivisore". Il nostro doppio infatti non è necessariamente vincolato dalle dinamiche classiche del doppelgänger, non è cioè un sosia dell’io forzatamente malvagio, nonostante possa talvolta incapparci, ma un compagno di viaggio con il quale l’individuo si trova a condividere ed analizzare i tasselli del mosaico della sua identità. Un analisi che abbatte la cecità della ragione attraverso gli strumenti del surrealismo onirico.   

Il versante di ricerca di The Blind Sharer trova i suoi rappresentati in una parabola che sfuma da Chagall a Pudelka, da Derrida a Maya Deren, da Claude Chaun a Breton. La ricerca rivendica gli archetipi, la bellezza e l’insolenza narrativa propri degli autori che hanno indagato sulla dimensione umana, e talvolta duale, anche attraverso il sogno e la sua meticolosa destrutturazione.

Il progetto si propone di esplorare la questione del doppio mediante il conflitto irrisolto che scaturisce nel momento in cui l’inconscio entra nella realtà identitaria individuale. Proprio come nel racconto di Conrad, cambiare la rotta prestabilita dell’io che abbiamo convenuto essere con noi stessi, in favore di quel doppio che ci ricorda l’ampia risma di possibilità in divenire che il nostro inconscio sottende.

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